Giorgio Gaber - L'inserimento (prosa) paroles de chanson

paroles de chanson L'inserimento (prosa) - Giorgio Gaber




Bisogna che prima o poi ne faccia qualcosa di me
Vediamo un po′, cosa posso fare da grande?
Adesso c'ho trentasette anni
-Andate a lavorare
Mio zio non è ancora morto
Lui l′ha sempre detto che io sono sprecato
E sì, perché io potenzialmente, potrei far tutto
Non so se provare o no
Potrei riiscrivermi all'università, mi mancano venticinque esami
Sono stato stupido però, eh
Potevo approfittare al tempo degli Unni,
Quando si entrava nelle aule dai professori, col libretto in mano, firma vecchia bagascia
Gliene abbiamo messa di paura al tempo degli Unni
Ditemi pure borghese, ditemi pure borghese, non di più
Il termine borghese di merda, per loro era il più leggerino
Era come dire che uno non aveva più vent'anni
E come firmavano
Trenta, trenta, trenta
Gliene abbiamo messa di paura al tempo degli Unni
Ora Attila è consigliere regionale...
Gli Unni sono un po′ sfasciati, è normale dopo i periodi di splendore, dopo le vittorie si sa, come l′impero romano
Ti metti a suonare la chitarra ed è la fine
No, l'università non va più bene, è tornato tutto come prima, anzi, ti fanno certi mazzi
E fanno bene eh, hanno bisogno di gente preparata per la produzione
E il fine giustifica i mazzi
No, per ora va bene, m′arrangio, lavoretti qua e là, saltuari
Che se un domani uno fa lo scrittore, li mette nella biografia
Ne ho due più di Henry Miller
Henry Miller non ha fatto il ladro, e le collanine
A noi ci hanno rovinato quelli lì, i Miller, i Kerouac, on the road, on the road
On the road noi e loro a casa
Gattacci neri finti, hanno portato scalogna solo a noi che siamo ancora qui a vendere le collanine
Non posso mica vendere le collanine fino a sessantacinque anni
Bisogna che mi dia un limite, non mi ci vedo, magro, tutto bianco, un po' di artrosi, ma allegro
Il nonno dei fiori
No, riprenderò... riprenderò a studiare, diventerò ingegnere, passerò dall′altra parte, coi gatti bianchi
Un momento, calma
Li guardo un po' prima
Io non diventerò come loro, questo è certo
Li vedo, li vedo sempre pronti a rincorrere un direttore nei corridoi
A divincolarsi vicino a lui parlandogli un po′ dal basso ossequiosi scodinzolano
Continuano a corrergli dietro, inciampano lo raggiungono ancora sempre più bassi
E poi se lo guardano, lo seguono a passettini e annuiscono viscidi striscianti, schifosi
E a casa, minestrine al burro, il Corriere
Ci vogliono delle minestrine al burro per essere come loro
E la moglie, come li capisce
E i tre figli
Ci vogliono tre figli
Scopano, però eh, non mi sembrava
Certo, ci vogliono tre figli e l'amore, la fedeltà, la loro fedeltà a tutto
Come hanno fatto?



Writer(s): Gaber, Luporini


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