Текст песни New York - Emidio Clementi
Una
bella
mattina
Missy
ed
io
fummo
svegliati
da
un
gran
tramistìo
ai
piani
superiori
Ci
vestimmo
in
fretta
Di
sopra
c'era
New
York
Le
prime
ad
apparire
furono
le
Spiagge
del
Jersey,
sparse
fra
le
colline
Punteggiate
di
casette
simili
a
giocattoli
giapponesi
Dall'altro
lato
si
poteva
ammirare
la
Statua
della
Libertà
Se
si
aveva
lo
stomaco
per
farlo
Questa
dunque
era
New
York
Questa
era
la
città
di
cui
avevamo
tanto
sognato
Questi
erano
i
favolosi
grattacieli
Provai
una
delle
più
grandi
delusioni
di
tutta
la
mia
vita
infelice
Quei
famosi
grattacieli
altro
non
erano
che
enormi
Scatole
che
si
ergevano
davanti
a
noi
oppure
di
lato
Terribilmente
futili
Spaventosamente
poco
importanti
Tanto
comuni
che
si
sarebbe
potuto
Credere
di
averli
già
visti
in
un
altro
posto
Questa
era
la
New
York
a
lungo
sognata
Questa
terribile
rete
di
scale
di
sicurezza
Questa
non
era
la
New
York
che
avevamo
tanto
sognato
La
città
così
cara
alla
fantasia
Così
accarezzata
fra
tutte
le
speranze
che
un
uomo
può
concepire
Questo
sogno
di
chi
non
sogna
Il
rifugio
di
chi
non
ha
casa
Questa
città
impossibile
Cercando
lavoro
imparai
a
conoscere
New
York
Ogni
angolo,
ogni
buco,
in
lungo
ed
in
largo
Dalla
Battery
su
fino
alla
Centodecima
strada
Camminavo
per
le
strade
spesso
in
preda
ad
un
odio
frenetico
Cantavo
a
volte
una
canzone
italiana
e
mi
fermavo
a
piangere
Camminai
tanto
allora
Che
adesso
conosco
tutte
le
strade
dalla
terza
a
Columbus
Circle
E
di
ogni
strada
mi
si
è
radicato
in
mente
un
ricordo
Imparai
a
riconoscere
la
Quinta
Avenue
Una
signora
maestosa,
elegante,
superba,
bella
Avevo
sempre
l'impressione
che
la
folla
che
la
invadeva
si
Pulisse
accuratamente
le
suole
delle
Scarpe
prima
di
osare
mettervi
piede
Conobbi
palmo
a
palmo
Broadway
Con
le
sue
notti
risplendenti
e
folli
Delancey
Street,
il
trionfo
dell'Ebraismo
E
la
Quarta
Avenue,
tutta
grigia
e
inutile
La
Sesta
Avenue,
Ricca
di
colore
e
congestionata
dalla
Complessa
vivacità
del
quartiere
greco
Dove
al
Bryant
Park
si
poteva
sempre
Trovare
un
pederasta
in
cerca
di
avventure
I
greci
sono
di
solito
molto
belli
E
le
loro
mogli
molto
brutte
Forse
questo
spiega
perché
tanti
di
loro
siano
degli
invertiti
Conobbi
la
Quarantaduesima
strada
Con
il
suo
Times
Building
che
rompe
il
limpido
blu
del
cielo
E
i
grandi
canyon
degli
alti
edifici
Intorno
a
Nassau
Street
e
Broadpark
Road
Che
ostenta
i
suoi
abiti
usati
I
suoi
negozi
in
cui
si
vendono
libri
di
seconda
mano
La
sua
vergognosa
ed
orribile
miseria
Broadway
Così
squallida
nella
prima
parte
Diviene
mano
a
mano
sempre
più
elegante
Mi
ricordo
che
il
numero
1000
era
quello
della
Universal
Alla
quale
cercai
di
vendere
i
miei
Soggetti
cinematografici
con
tanta
fatica
Numero
1000
o
6000
non
ricordo
La
Bowery
mi
parve
la
più
desolata
strada
di
New
York
Tanto
era
vuota,
disperata
e
morta
Le
mancava
perfino
l'ingannevole
aspetto
delle
tante
Strade
laterali
che
vi
affluiscono
quasi
a
sostenerla
Non
c'è
compromesso
per
amore
dell'apparenza
Qui
la
povertà
è
sfacciata
se
ne
frega
di
tutto
e
di
tutti
E
avendo
perso
tutto
non
ha
più
in
compenso
nulla
da
perdere
Una
nebbia
oscura
grava
sempre
sulla
Bowery
I
tuoi
Free
Lunch
Counters,
oh
New
York,
mi
salvarono
la
vita
Andavo
prendendo
un
pezzetto
di
carne
qua
E
là
senza
poi
ordinare
nemmeno
una
birra
La
più
bella
istituzione
del
nuovo
mondo
era
il
Free
Lunch
Counter
Che
ora
non
esiste
più
La
canzone
orrenda
di
New
York
Erano
gli
urli
che
i
garzoni
dei
bar
riservavano
a
quelli
come
me
Che
portavano
la
loro
fame
e
la
loro
rabbia
da
una
strada
all'altra
Camminando
Camminando
Fino
a
che
ogni
resistenza
umana
era
praticamente
estinta
E
qualcosa
di
sovrumano,
o
di
inumano,
prendeva
il
suo
posto
La
grande
contraddizione
di
New
York
La
regina
dell'aria
con
i
suoi
fantastici
grattacieli
Stava
nel
fatto
che
essa
era
anche
una
miserabile
bagascia
Con
le
sue
case
dalle
piccole
finestre
Certe
vie
erano
come
le
autostrade
del
Paradiso
Altre
come
i
vicoli
bui
dell'Inferno
New
York,
l'affamata,
la
poverissima
La
più
giovane
città
del
mondo
E
il
reale
avvento
della
giovinezza
Il
lavoro,
questa
miserabile
faccenda,
il
lavoro
Incubo
dei
perseguitati,
il
lavoro
Questa
povertà,
questa
angoscia
Questa
specie
di
nevrastenia
Questa
cosa
che
ti
succhia
il
sangue
Il
lavoro,
questa
morte
che
ti
divora
poco
a
poco
Questa
paura
che
ti
afferra
lo
stomaco
Questa
donna
tirannica
che
propaga
il
terrore
Che
divora
il
cuore
stesso
di
un
uomo
Il
lavoro
era
per
me
una
gioia
ed
insieme
un
terrore
Solo
a
pensarci
stavo
sveglio
la
notte
Per
quattro
giorni
ero
quasi
morto
di
Fame
in
quella
stanza
della
Dodicesima
strada
Il
pensiero
di
perdere
il
lavoro
mi
portava
alla
disperazione
Mi
buttai
sul
lavoro
anima
e
corpo
Sgobbando
come
un
somaro
e
sognando
la
notte
pile
infinite
di
piatti
In
quel
tempo
feci
per
la
prima
volta
la
conoscenza
delle
cimici
Sebbene
l'Italia
sia
sporca,
molto
sporca
Mai
vi
avevo
visto
le
cimici
Mentre
ora
interi
battaglioni
di
cimici
tormentavano
le
mie
notti
New
York
è
spietata
con
i
miserabili
Il
mio
lavoro
era
il
mio
delirio
Il
mio
amore
senza
amore
I
miei
compagni
erano
una
manica
di
implacabili
idioti
Una
pidocchiosa
schiera
di
crumiri
Erano
pidocchiosi
per
lo
sporco
che
il
lavoro
inevitabilmente
produce
E
poi
la
gente
ha
il
coraggio
di
dire
che
il
lavoro
non
sporca
le
mani
Invece
nulla
le
sporca
più
del
lavoro
E
nulla
uccide
di
più
la
coscienza
che
non
può
sopportare
lo
sporco
Quegli
idioti
si
vantavano
con
me
qualche
volta
Di
essere
riusciti
a
mantenere
lo
stesso
Lavoro
per
cinque,
dieci
anni
anche
di
più
Rabbrividivo
nell'udirli:
che
bestialità!
Che
cosa
terribile!
Avevano
perfino
proibito
alle
ragazze
Italiane
di
cantare
mentre
erano
al
lavoro
Avevano
cercato
di
soffocare
quel
bel
fuoco
Che
ardeva
nelle
canzoni
delle
ragazze
italiane
Il
mio
lavoro
era
la
mia
via
crucis,
la
mia
miseria,
il
mio
odio
Eppure
vivevo
nel
continuo
terrore
di
Perderlo,
quello
schifosissimo
lavoro
Ecco
dunque,
Il
mio
primo
lavoro
fu
in
un
ristorante
italiano
a
prezzo
fisso
Poteva
intendersi
come
una
specie
di
Blando
purgante
per
intellettuali
borghesi
Fui
licenziato
nel
giro
di
un
mese.
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