Lyrics L'osservatore, l'osservatore 1 - Uochi Toki
Mi
sveglio
alle
tre
del
mattino.
Percepisco
che
sono
in
giro.
Cammino
disperso
nello
spazio
cittadino,
dove
noi
non
c'incontriamo,
né
tra
mezz'ora
né
mai,
però
tre
mesi
dopo,
ad
esempio.
Rivedo
situazioni
avvenute
nello
stesso
spazio,
ma
in
diverso
tempo.
Ricomincio.
Mi
sveglio,
percepisco
lo
spazio
intorno
a
me,
come
la
mia
stanza
da
letto,
pavimento
tavolo
finestra
tetto.
È
una
visione
rassicurante.
Io
sono
una
persona
pedante:
per
quante
volte
guardi
la
stessa
immagine,
questa
non
passa
inosservata.
È
un'abitudine
consolidata:
osservo
la
realtà
che
tu
dai
per
scontata
come
Monet
con
la
Cattedrale
di
Rouen
in
diversi
momenti
della
giornata.
Mi
sveglio,
esco
di
casa.
Noto
particolari
nuovi
anche
se
faccio
sempre
la
stessa
strada.
È
un'abilità
innata:
si
chiama
"percezione",
e
alle
altre
persone
non
credo
sia
stata
donata.
La
mia
superbia
viene
alimentata
dalla
praticità
distratta
di
chi
non
sblocca
la
parte
destra
del
cervello.
Mi
sveglio,
guardo
un
muro
bianco
e
dopo
due
ore
che
lo
guardo
è
grigio.
Vorrei
discutere
con
voi
di
un
colore,
disponendo
di
un
atlante
Munsell
od
NCS:
quanto
ve
ne
importerebbe?
Quanto
vi
annoiereste?
Quanto
cerchereste
nuove
realtà,
visto
che
questa
non
la
volete
perché
non
la
sapete
intendere?
Mi
sveglio,
e
tutto
attorno
ci
siete
voi.
Io
– giuro!
– non
vorrei
dare
giudizi,
lo
faccio
solo
per
stare
a
galla
od
accontentarvi.
La
verità
è
che
avrei
bisogno
di
essere
immortale
al
solo
scopo
di
osservarvi.
Mi
sveglio:
intorno
a
me
paesaggi,
colline,
alberi,
pioggia,
energie
radianti,
edifici
sovrastanti,
animali
vivi
e
decomposti,
case
abitate,
avamposti,
cartelli
di
segnalazione
dossi,
sabbia,
erba
e
fossi,
industrie
ed
impianti,
disegni
– i
nostri,
disegni
– i
vostri,
terrazze,
scale
e
pianerottoli.
Descrivo
la
realtà
coi
miei
metodi
enciclopedici,
ovvero:
ti
spiego
gli
oggetti
indicandoteli,
oppure
facendo
chilometri
insieme
per
poi
chiederti
un'intersezione
della
mia
più
la
tua
osservazione.
Mi
sveglio,
e
naturalmente
tu
hai
da
fare,
impegni
inderogabili
da
cui
non
ti
riesci
a
districare,
modelli
di
comportamento
impossibili
da
sradicare.
Il
mondo
non
viene
comandato
dai
soldi
o
dal
sesso,
ma
dal
non
voler
provare
quel
senso
di
scomodità
che
percepisci
quando
ti
si
presenta
qualche
nuova
possibilità.
Mi
sveglio,
e
sono
l'unico
a
vedere
la
realtà
con
tutta
questa
limpidezza,
senza
relativismo
– quindi
mi
sbaglio,
perché
sono
il
solo
a
pensare
che
la
realtà
sia
una
sola,
e
ciò
che
tende
a
differenziare
la
visione
è
l'immaginario
proprio
delle
singole
persone.
Mi
sveglio,
ricordo
ogni
mia
proiezione
su
quello
che
potreste
pensare.
Ormai
gli
alberi
e
le
case
non
hanno
più
niente
a
che
fare
col
vivere
immersi
nel
reale.
Sperare
in
un
cambiamento
è
come
sperare
che
piova
guardando
un
cielo
pieno
di
nuvole:
è
inutile,
ed
aumenta
la
distanza
tra
una
persona
e
la
comprensione
del
reale.
Mi
trovo
a
desiderare
solo
quando
me
lo
chiedono,
per
pura
convenzione.
A
volte
rispondo,
invece,
che
non
desidero
niente,
e
sono
confuso.
Ma
il
mio
interlocutore
teme
più
della
morte
il
lasciare
un
discorso
inconcluso:
ricorre
all'uso
di
una
metafora,
quella
del
genio
della
lampada.
Nel
mio
caso,
i
tre
desideri
a
cui
l'interlocutore
ha
lontanamente
alluso
si
staccano
completamente
dal
reale:
sono
la
chiave
di
ciò
che
cerco
di
mantenere
chiuso.
Mi
scuso,
non
lo
potevate
sapere:
cerco
di
mantenere
separate
le
due
sfere,
anzi!,
la
figura
sfera
del
reale
e
il
frattale
a
spirale
dell'immaginario
che
possiedo
e
che
una
volta
aperto
dai
vostri
inutili
quesiti
si
sovrappone
di
prepotenza
ai
miei
discorsi
più
sensati.
Comincio
a
vedere
cose
che
non
esistono.
Lo
percepisco
quando
parliamo
della
stessa
cosa
nella
stessa
lingua:
tu
citi
le
fonti
e
fai
bei
discorsi,
ed
io
sono
costretto
a
nasconderti
che
ciò
che
penso
me
lo
invento,
perché
potresti
non
credermi,
o
dirmi
che
non
vale
credere
nel
momento,
che
piuttosto
è
meglio
usare
il
tempo
per
ricercare
verità
passate,
con
la
scusa
che
non
c'è
più
niente
di
nuovo
da
coniare.
Lo
percepisco
quando
in
ambito
professionale
mi
rendo
conto
che
nessuna
delle
cose
che
so
fare
può
darmi
direttamente
da
mangiare.
Il
mio
lavoro
è
farmi
bastare
i
soldi,
utilizzare
i
mezzi
che
posseggo
immaginari
per
generare
nuovi
comportamenti
ed
inserirli
in
nuovi
contesti,
imparare
lavori
che
tu
non
vorresti,
ampliare
i
miei
confini
per
fare
quello
che
tu
non
riusciresti.
All'anagrafe
mi
segnano
sempre
tra
gli
studenti:
non
possono
certo
scrivere
"creatore
di
modelli,
immagini,
libercoli".
Lo
percepisco
quando
leggo
un
libro
e
ci
sono
dentro:
smetto
di
leggere
e
sono
fuori,
mi
rimetto
a
leggere
e
sono
dentro.
È
incredibile!
Allora
non
è
solo
quel
personaggio
di
Michael
Ende
che
ci
riesce.
Si
percepisce
leggendo
i
fumetti,
che
sono
meglio
dei
libri.
Ma
forse
non
mi
credi,
e
pensi
che
siano
storie
per
bambini,
e
preferisci
immergerti
nella
saggistica
per
sentirti
più
serio,
o
nei
libri
scritti
dagli
attualisti
per
avvicinarti
ai
fatti.
Io
sono
lì
ad
aspettarti,
all'uscita
della
libreria.
Non
aspettarti
che
io
faccia
pulizia
dell'editoria:
tuttavia,
il
mio
immaginario
contro
il
tuo
si
scontra.
Ti
lego
ad
un
palo,
ti
sequestro
la
borsa:
"
Cos'hai
comprato?
Vediamo
un
po'.
Un
libro
scritto
da
un
blogger?
La
biografia
di
rockstar
morte?
Un
libro
sul
sesso,
le
barzellette?
Torna
dentro
e
compra
Tolkien,
altrimenti
andiamo
a
botte!".
Leggo
solo
ciò
che
nutre,
ed
il
disegno
legato
al
testo
velocizza
l'assunzione,
distruggendo
la
concezione
di
studio
uguale
sacrificio
con
la
quale
sei
stato
nutrito.
Lo
percepisco
quando
ascolto
dentro
e
intorno:
sintetizzatori
hardware
o
software
generano
immagini
matematiche
come
le
equazioni
da
cui
provengono.
Non
m'interessano
i
contesti
sociali
dai
quali
i
gruppi
musicali
provengono,
a
meno
che
non
si
tratti
di
alieni,
navi
spaziali
od
antichi
guerrieri
più
o
meno
medievali.
Ascolto
solo
i
brani
che
ritengo
evocativi,
non
ascolto
i
gruppi
solo
perché
mi
dici
che
sono
troppo
fighi.
Ho
bisogno
di
nutrire
sfere
esistenziali
che
tu
nemmeno
concepisci.
Cosa
m'importa
di
sapere
che
questi
e
questi
gruppi
sono
stati
capostipiti?
Quando
ascolto
certi
pezzi
di
elettronica,
vedo
Flatlandia,
uccido
il
Buddha,
percepisco
lo
sturm
und
drang
di
Achab
in
tempesta
contro
la
balena
bianca.
Ho
la
testa
fatta
di
nubi,
mentre
tu
mi
chiedi
quali
sono
i
miei
preferiti
tra
i
gruppi
rapper
italiani,
fidati,
la
risposta
non
è
un
indizio
per
conoscermi:
ascolto
il
rap
per
surrogare
dei
dialoghi,
per
ascoltare
dei
racconti
che,
magari
fossero
anche
interessanti,
ma
molto
spesso
certi
dischi
li
tiro
contro
il
muro
dopo
appena
sette
ascolti.
Lo
percepisco
appena
dopo
aver
tirato
un
disco
contro
il
muro:
nel
punto
dell'impatto
c'è
un
segno
scuro
che
si
muove.
Lo
guardo
per
essere
sicuro
che
non
si
tratti
di
una
scolopendra,
un
ragno,
o
addirittura
un
ossiuro.
È
una
madeleine
di
Proust.
Mi
introduco
curioso
in
un
mondo
fatto
di
nematodi,
platelminti,
parassiti
e
vermi.
Mi
siedo
sui
villi
intestinali:
allora
è
così
che
avvengono
gli
assorbimenti
dei
boli
alimentari
trasformati
in
elementi
nutritivi!
Sto
vivendo
un'esperienza
intracorporea,
oppure
sto
solo
immaginando
di
viverla?
Che
differenza
fa?
Mi
sveglio,
e
percepisco
che
ero
solo
assorto,
non
ero
morto
e
non
stavo
dormendo,
anche
se
coi
sogni
lucidi
che
faccio,
con
difficoltà
distinguo
quando
sto
sognando
da
quando
sono
desto.
Lo
percepisco
al
funerale
di
mio
nonno,
parenti
tutto
intorno.
Alcuni
piangono,
io
e
mia
sorella
impassibili,
mentre
i
becchini
seppelliscono
una
bara
in
un
buco
di
terra.
Uno
dei
seppellitori
si
gira
e
mi
guarda:
è
un
cinquantenne
di
grossa
taglia,
indossa
una
cuffia
con
il
logo
dei
Sepultura.
Oddio!
Io
accetto
la
surrealtà
con
molta
più
ilarità
che
paura.
Purtroppo
non
c'è
nessuna
scusa
che
mi
permetta
di
ridere
al
funerale
di
un
mio
parente.
Certi
modelli
comportamentali
a
me
non
vanno
proprio
bene:
la
gente
li
usa
solo
per
comodità
e
perché
non
possiede
una
vasta
immaginazione.
Mentre
penso
a
questo,
mio
nonno
apre
la
bara
e
mi
indica
fra
lo
stupore
parentale,
mi
dice:
Hai
ragione.
Ti
sarà
sempre
più
difficile
separare
il
piano
immaginario
da
quello
pratico.
Quindi
fai
in
modo
che
si
permeino,
che
si
permutino,
che
collassino".
Grazie
nonno,
sapevo
che
non
eri
solo
buono
a
brontolare
e
picchiare
mio
padre!
Hai
cambiato
la
realtà
con
un
tocco.
Intorno
a
me
succedono
cose
che
non
esistono.
Vedo
esistere
entità
provenienti
da
una
dimensione
senza
forma
e
senza
nome,
solo
che
a
differenza
di
uno
Cthulhu
o
Yog-Sothoth
non
sono
necessariamente
nefaste
od
orrorifiche
e
nemmeno
candide
e
benefiche:
sono
volontà
ermetiche,
autonome,
che
percepisci
per
un
attimo,
che
appaiono
evocate
da
formule
magiche,
non
ancestrali
od
arcaiche,
bensì
nascoste
nelle
frange
invisibili
del
caso,
in
un
presente
che
non
può
essere
toccato.
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